domenica 29 novembre 2015

Confiteor (2): se vuoi l'euro vuoi il bail-in.



...scusate però!

Io sono vicino a Claudio nel suo tentativo di portare all'attenzione generale il tema dell'iniquo bail-in che ha spiantato nel giro di un fine settimana migliaia di risparmiatori italiani. Ci eravamo lamentati del furto di Amato dai nostri conti correnti, nel tentativo di salvare lo SME che poi sarebbe comunque saltato due mesi dopo, ma in quel caso l'entità, lo ricordo per chi si fosse messo in ascolto in questo momento, fu a spanna di circa 6 miliardi di euro, divisi però su tutti i conti correnti bancari accesi all'epoca. Diciamo che oggi ci sono circa 30 milioni di conti correnti (a spanna, uno ogni due abitanti). Se anche all'epoca ce ne fosse stato uno ogni tre, avrebbe fatto 300 euro a conto in media. Cifre che non cambiavano una vita, anche tenendo conto del fatto che all'epoca 300 euro in realtà erano quasi 600000 lire (e la differenza la sa chi ci è passato). Io un conto lo avevo, ma avevo, già allora, l'insigne privilegio di essere povero, e nemmeno me ne accorsi. In questo caso si parla di 728 milioni di euro sottratti a 5000 persone (ma non sono così certo che il fenomeno sia tanto circoscritto, per cui se avete dati più attendibili vi sarò grato se vorrete condividerli), il che comunque significa circa 150000 euro a cranio (145600 per la precisione).

In questo caso stiamo parlando di cifre che cambiano una vita, ovviamente in peggio: la differenza fra l'agiatezza e la povertà, per alcuni.

Sono anche d'accordo sul fatto che le modalità sono particolarmente odiose, che a quanto emerge chi ha sottoscritto quei titoli non avrebbe potuto essere informato del reale rischio nemmeno se chi era tenuto a farlo avesse voluto farlo (perché il governo, a quanto capisco, ha cambiato le carte in tavola per decreto); che fa quindi prudere le mani il tentativo degli influencer minori libberisti di far passare il pensionato di Macerata per un George Soros, cioè per una persona che è giusto sostenga il rischio delle attività speculative che ha intrapreso con spregiudicatezza (laddove il pensionato non pensava minimamente di star speculando, anzi! Stava mettendo i soldi nella "sua" banca); che l'indignazione non può che essere amplificata dal fatto che ancora una volta si applicano due pesi e due misure, perché alla Germania, come vi dico da sempre, fu permesso (perché, come sempre, lo permise lei a se stessa) di salvare le sue banche con cifre spaventose (140 miliardi solo per la Hypo Real Estate), mentre adesso da noi cifre pari a un centesimo di quelle ci verrebbero rinfacciate come aiuto di Stato; che l'ira potrebbe legittimamente impossessarsi di chi pensi a come il nostro governo di cialtroni mentecatti ha negoziato l'Unione bancaria e in particolare il meccanismo di risoluzione unico, essendo del tutto evidente che per mere considerazioni di equità non si poteva pensare a un meccanismo unico in un contesto nel quale i paesi più furbi, i simpatici kiagnundfotten del Nord, avevano messo in sicurezza le proprie banche con secchiate di miliardi (fottendosene che fossero o meno aiuti di Stato, in omaggio a una consolidata tradizione di slealtà) e si erano per soprammercato disegnati delle regole di supervisione tali da lasciare fuori dal mirino della Bce la loro merda; e, soprattutto, che lascia sbigottiti la certezza, e quando dico certezza intendo certezza, che il sacrificio di tante vite umane al Moloch dell'euro non servirà a un beneamato nulla, perché così fu del sacrificio compiuto nel 1992.

Mi sta tutto bene: indigniamoci, solleviamo il problema, portiamolo all'attenzione di chi non ha capito che tanto poi toccherà a lui...

Ma...

Ma...

Ma, appunto, scusate, fermiamoci un attimo, volete? Perché che questa è una guerra l'abbiamo capito, no? E io sto sudando sangue, quindi devo essere una specie di generale, almeno a sentir Gadda. E allora forse bisognerà pure che vi faccia un discorsetto, volete?

Bè, anche se non volete, sapete che c'è? Come ho detto ieri alle Frattocchie nere: "Voi credete di essere fascisti, ma qui il più fascista sono io, perché sono l'unico che se ne frega veramente". Del resto, se "I care" era lo slogan di un noto cialtrone "de sinistra", "I don't care" non può che diventare lo slogan della resistenza alla sinistra lompo (Lameduck santa subito dopo), subalterna al grande capitale finanziario e disposta a passare su qualsiasi cadavere pur di tutelarne gli interessi.

Quindi, I don't care se quello che sto per dirvi vi interesserà o vi piacerà, ma ve lo dico, e prima vi faccio rileggere una lettera, quella di un nostro amico (o amica):

Yliana Kelevra ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "La proxima salida del euro":

La conoscenza è potere! Ma cosa può questo potere di fronte all' aria di sufficienza con cui gente impreparata ti guarda, mentre tu cerchi di spiegargli la verità? Non può molto purtroppo. Io l'ho provato. La gente ostenta superiorità quando spiego cosa sia in realtà l' euro. Persone che non hanno una minima conoscenza in campo economico si elevano a giudici di ciò che è giusto o sbagliato. Perché lo fanno? Perché rifiutarsi di ascoltare perlomeno? Forse sarà per via della mia giovane età, ma quel che resta alla fine è solo una profonda amarezza e senso di frustrazione. Da qui il mio triste sfogo.

Postato da Yliana Kelevra in Goofynomics alle 29 novembre 2015 18:07


Ecco, vi propongo un piccolo esperimento concettuale.

Nel terzo post di questo blog (il primo Quod erat demonstrandum) abbiamo detto chiaramente da dove sarebbe venuta la botta: dalle sofferenze bancarie. Questo, naturalmente, dopo aver spiegato per filo e per segno che queste sofferenze erano causate da una generale sofferenza dell'economia italiana determinata dall'euro, che soffocava le imprese e quindi le famiglie, impedendo loro di ripagare i debiti contratti col sistema bancario. E per tutta la durata di questo nostro percorso ci siamo detti che il redde rationem sarebbe arrivato quando ci si sarebbe trovati di fronte alla necessità di ricapitalizzare le banche in euro, sottomettendoci alla troika, o in lire, recuperando sovranità monetaria. Ma già due anni or sono ci era apparso subito chiaro che esisteva uno step intermedio, che siamo stati fra i primi a intuire: quello di ricapitalizzare le banche in euro coi soldi di chi ce li aveva messi. Il bail-in, appunto, la cui ineluttabilità ci era apparsa chiara quando abbiamo visto che per proporlo si usava il metodo Juncker.

Quindi, noi, qui, che quello che è successo sarebbe successo lo sappiamo da quattro anni, e come sarebbe successo lo sappiamo da due anni, e sappiamo anche il perché: per i motivi che da due anni ci descrive la Bce e da due mesi il Centre for European qualcosa: gli squilibri finanziari causati dall'euro.

Bene.

Ora proiettatevi a Macerata (città a me peraltro cara) all'ora dell'aperitivo, in un bar della piazza, e immaginatevi Yliana (quella della lettera qua sopra) che spiega al pensionato piddino oggi sul lastrico che potrebbe esserci un problema, e che c'è un tizio che da quattro anni suda sangue e si rovina la salute per evitare che succeda qualcosa di molto brutto.

Secondo voi, il pensionato piddino (dove, ribadisco, la piddinitas non è intesa in senso politico, ma antropologico: la spocchiosa supponenza dell'Untermensch mentecatto che sa di sapere semplicemente perché non si rende conto di defecare gli escrementi che i media controllati da chi ha i soldi per farlo gli hanno fatto ingollare la sera prima), il pensionato piddino, dicevo, avrebbe risposto in un modo diverso da quello descritto da Yliana? Avrebbe manifestato qualcosa di diverso da chiusura, diniego, rifiuto?

Siete sicuri di non sapere la risposta? Non credo. Siete sicuri di saperla, e avete ragione, perché la risposta sappiamo tutti qual è, ed è purtroppo quella giusta, ed è un sonoro:









NO







Il pensionato piddino di Macerata, o di Chieti, o di Firenze, o di quel che l'è, certo, non è il George Soros che gli influencer minori dipingono.

Ma non è nemmeno mai stato dalla nostra parte.

Tutt'altro.

È stato l'archetipo, il paradigma, il campione di tutti i difensori senza se e senza ma dell'euro. In altre parole, carissimi, per quanto urticanti queste parole possano essere, per quanto fuori luogo oggi, per quanta compassione umana possiamo e dobbiamo provare per il nostro prossimo, cerchiamo però di non perdere di vista un dato.

Il dato è che i risparmiatori che hanno perso in questo modo iniquo il loro patrimonio sono nostri nemici.

Hanno voluto l'euro? Se lo godano! Ci sono stati a sentire mentre cercavamo di spiegar loro i rischi? Crepino! Hanno sostenuto il blocco di potere politico che sta svendendo l'Italia al capitale estero? Ed è giusto che questo capitale estero li stermini e ne sperda il seme per settantasette volte sette generazioni!

Se fosse successo a noi, questi, che ci hanno irriso mentre cercavamo di farli ragionare, avrebbero pianto? E quando ci succederà, dopo che è successo a loro, e quindi sanno cos'è, proveranno solidarietà? E se gli interessi all'8% se li fossero messi in tasca, poi ci avrebbero invitato a cena?

Noi abbiamo ragionato, e questo ci è costato molto: a me, ma anche a voi. Abbiamo anche cercato di far ragionare, ci è costato ancora di più, a voi, ma anche a me. Ma è stato inutile. E, aggiungo, lo sarà  anche ora che la crisi li ha morsi, e che quindi, finalmente, la corazza del loro gretto egoismo è stata infranta da un colpo cui avrebbero potuto sottrarsi. Piuttosto che ragionare, voteranno 5 stelle, cioè il piano B della finanza statunitense (dopo che il piano A se li è magnati e ricacati, come a Roma plasticamente dicono).

Quindi, carissimi, guardate il bicchiere mezzo pieno, ogni tanto: siamo arrivati ad un momento particolarmente interessante della battaglia. Quello in cui i nostri nemici si sparano addosso fra loro. Mi perdonate se il mio ciglio per il momento resta asciutto? Oggi quello che potevo piangere l'ho pianto nel post precedente. Chi è rimasto vittima della propria idiozia ha una possibilità di riscatto: unirsi a noi.

Ma se l'avesse veramente avuta, questa possibilità, non sarebbe rimasto vittima della propria idiozia.

Noi non abbiamo nulla da rimproverarci. Abbiamo fatto fin troppo.

Natura è matrigna: non piangiamo ogni anguilla mangiata da una spigola, e quindi non possiamo piangere ogni renziano stritolato da Renzi.

Ricordate? Come un ladro nella notte!

Anche Renzi, come Woody Allen, a qualcuno deve pur ispirarsi.



(qualora non si fosse capito, ho lasciato purtroppo senza tappo la damigiana della giustizia, che ha preso d'aceto, ed è diventata vendetta. Io naturalmente sono non violento, non solo per motivi etici, e per pigrizia, ma anche perché è inutile: Dio non è con loro, perché anche lui odia gli imbecilli... Lasciamolo lavorare, lasciamo che i nemici si accoppino a vicenda, teniamo i nervi saldi, e uniamo i puntini per salvare i nostri soldini...)

Vigilate ergo...

...quia nescitis qua die Dominus vester venturus sit. Illud autem scitote quoniam si sciret pater familias qua hora fur venturus esset, vigilaret utique et non sineret perfodi domum suam. Ideo et vos estote parati, quia, qua nescitis hora, Filius hominis venturus est.









(...avevo appena lasciato Uga e Rockapasso alla libreria dell'Auditorium, quando controllando la posta sul minion trovo una lettera che mi lascia impietrito. Uno di noi - perché esiste un noi - ha subito un grave lutto - e naturalmente, se non vi dico chi è, significa che non dovete chiedermelo.

Mi scriveva quasi per scusarsi della sua assenza, che avevo notato, e del suo non riuscir più a seguire quanto ci diciamo qui, perché nulla riesce più a destare minimamente il suo interesse.

Queste poche parole, che arrivano in un momento per me non semplice - ho dovuto annullare Ginevra, come chi si era iscritto ha saputo, e non lo avrei fatto senza motivo - mi hanno riempito di dolore, ma anche di gratitudine. Io invecchio, e quindi, come immaginate, la morte comincia a colpire intorno a me: genitori, zii, amici... Eppure, conforme al personaggio che ho ritenuto di dovermi cucire addosso, pochi lutti erano riusciti a scuotermi così. Mi è molto mancato Felice, al nostro compleanno, ma Felice lo conoscevo, lo avevo visto, abbracciato, ci avevo parlato, e con Carmen lavoriamo insieme spesso. In questo caso, invece, si tratta di una persona che non ho mai visto, anche se, come con tutti voi, ho passato diverso tempo a cazzeggiarci nel corso degli ultimi tre anni. Spero che condividere con me il suo dolore l'abbia sollevata, ed ha senz'altro sollevato me, perché mi ha ricorato il Vangelo di stagione, che aiuta a mettere le cose in prospettiva, e perché mai quella persona avrebbe ritenuto di aprirsi a me, se non avesse, in tanti anni di dibattito, capito cosa ci distingue dai nostri nemici: l'umanità.

Che è una cosa della quale, forse, i fatti ci costringeranno a privarci - e quello sarebbe il nostro fallimento.

È la vostra qualità umana che rende questa esperienza unica al mondo. Viceversa, lo squallore di chi ci vuole sopprimere, l'abiezione di chi vuole mortificare la nostra umanità, di chi disconosce la nostra cultura, di chi dileggia la nostra dignità, di chi vuole privarci della nostra sussistenza, la dialettica da bar degli influencer minori, la povertà di logica, ma soprattutto di empatia e di lungimiranza - perché puoi anche battertene il cazzo di quello che succede agli altri, ma se non capisci che potrebbe succedere anche a te non sei poi furbo come credi - degli utili idioti prezzolati è abbastanza uniforme attraverso i continenti. Gli uomini valgono quanto gli obiettivi che si danno, che poi, in logica successione, determinano il linguaggio che usano, l'ortografia che adottano, e l'aspetto che hanno.

Solo in questo paese che tanto si denigra la reazione all'Efialte globale è stata all'altezza della sfida.

Torno, triste, ma determinato, al compito di dichiararlo nelle principali lingue occidentali, perché dobbiamo vincere per quelli che resteranno dopo di noi e per quelli che non ci sono ancora, ma anche per quelli che non ci sono più. Sarà un bel giorno quello in cui vedrò tornare fra noi chi ora ha bisogno di raccoglimento...)

La proxima salida del euro

(...per i lettori italiani dal cervello in mogano (se siamo nell'euro un motivo c'è!): si tratta della traduzione de "L'uscita dall'euro prossima ventura". Thanks to Paolo Agnelli for his translation...)


(...nota: este artículo fue escrito en agosto de 2011. En octubre 2011 el artículo fue traducido en griego (generosamente, pero inútilmente). En novembre 2011 yo publiqué el mismo artículo en mi blog, con estas premisas - en negrita:


Después de 3 meses desde la publicación en el Manifesto de mi artículo acerca de la salida del euro (nota: mientras tanto el Manifesto que se proclama periódico "de izquierdas" ha borrado el artículo de su web aunque generara un tráfico considerable y desde entonces censura sistemáticamente todos los artículos de los economistas críticos con Europa, como ha hecho notar otro importante economista italiano), quisiera volver a proponerlo en mi blog con su titular original (“il teorema della piscina”) y comentarlo brevemente para a ver dónde hemos llegado. El articulo había sido banalizado por muchos (empezando por la redacción) como un manifiesto en favor de las devaluaciones competitivas. Cualquiera que se informe mínimamente sabe que el problema europeo está provocado por las devaluaciones competitivas… ¡pero de Alemania, no de Italia! La intención del artículo no era si quiera el de “prever” el final del euro, porque no había y no hay nada que prever. Cualquiera que se informe mínimamente sabe bien que acerca de la insostenibilidad del euro se han pronunciado los máximos economistas del mundo. Y, además, todos lo pueden ver. No hace falta prever, basta ver.

Mi intervención proponía sin embargo un análisis político, un análisis que me parece que se está demostrando correcta cada vez más, y que políticos y periodistas no me parecían y no me parecen capacitados para llevar a cabo, por motivos cada vez más evidentes. Este análisis se puede resumir en pocos puntos:
  1. Revindicando el euro la izquierda italiana se ha suicidado políticamente, porque el euro es el culmen de dos proyectos no exactamente de izquierda: el proyecto imperial de Alemania, y el proyecto para disciplinar los sindicatos a través del vínculo externo, amado por las clases dominantes de los países periféricos.
  2. La ideología del vínculo externo, además, era intrínsecamente de derechas porque no reconocía, en manera paternalista, el derecho de los ciudadanos de orientar las decisiones económica de su propio país, delegándolo en instancias tecnocráticas vendidas por independientes, y se basaba en un amplio proyecto de desinformación, orientado a esconder los costes económicos del euro ampliamente documentados por la literatura económica; la Realpolitik sugería sin embargo a la izquierda de adherir a esta ideología de derechas, que era la única que le diera alguna esperanza de acceder de vez en cuando a la sala de mando.
  3. Siguiendo con la defensa del euro, para evitar una desagradable autocritica, la izquierda se expone al riesgo de ser adelantada por la izquierda. Es decir, dejará en manos de la derecha más vulgar y nacionalistas (desde la Lega hacia abajo) un argumento verdadero e incontestable. Y entonces la situación se volverá difícilmente reversible.
Este análisis político ha sido comprendido por muchos pero ha encontrado también una serie de críticas previsibles, tal vez porque también los periodistas quieren hablar de economía (sin saber mucho de ello), pero no soportan que quien conoce las dinámicas económicas de la sociedad se atreva a sacar concusiones políticas. Desafortunadamente (para ellos pero sobre todo para nosotros) todo lo que había previsto en el artículo ha ocurrido. Lo subrayo, volviendo a leerlo con vosotros, no por vanidad (es verdad que nuestra profesión nos deja pocas satisfacciones más, aparte de actuar como unas Cassandras, pero aquí había poco que prever: es algo ya visto). Insisto sobre este punto porque juntos podamos reflexionar acerca de qué hacer para evitar el suicidio total de las fuerzas progresistas de nuestro país. Os recuerdo que el artículo ha sido enviado a la redacción el 8 de agosto 2011 y publicado el 23 de agosto 2011. Os recuerdo también que ha sido el artículo de la bitácora “La Rotta d’Europa” que más ha sido referenciado en Google (47800 hits).

Quiero finalmente subrayar que no dejo de reconocer a nadie, y mucho menos a un periodista, el derecho a expresar igualmente sus opiniones, por desinformadas que sean. Quiero sin embargo hacer hincapié en el hecho de que expresarse en manera desinformada durante una crisis económica es equivalente a hacerlo durante una epidemia, durante una catástrofe nuclear, en resumen, durante un evento en el cual quién no coopera para el prevalecer de la racionalidad se asume una responsabilidad muy grave. En especial manera, la desinformación acerca de temas económicos en esta fase de crisis económica y política es una operación intrínsecamente antidemocrática, porque capaz de influir sobre la libre elección de los electores y porque existe el riesgo de propugnar opciones que nos pueden llevar a resultados nacionalistas y autoritarios. Por esta defensa por mi parte de la racionalidad técnica de la economía me han tachado de maestra “sabelotodo” que se enroca en su saber técnico y emite sentencias desde su torre de marfil. Juzgad vosotros mismos.


Aquí el artículo: todo lo que se preveía en sus líneas se ha vuelto realidad: desde la sustitución forzosa de Berlusconi por un gobierno técnico, al fracaso de ese mismo gobierno técnico, al crecimiento de partidos de derecha, a la compresión de los derechos de los trabajadores, al fracaso del modelo alemàn. Todo menos una cosa: el final del euro. Pero esto también llegará...)





El teorema de la piscina.
Hace un año, conversando con Arisitide, preguntaba porque la izquierda revindicaba tan orgullosamente la paternidad del euro. ¿No veía que esto iba totalmente en contra de los intereses de su electorado? Una pregunta parecida a la de Rossanda. Arisitde, economista de izquierda, me dejó helado: “querido Alberto, los costes del euro, como dices, son conocidos, todos los manuales los enseñan. Nuestros políticos ya los observaban pero no podían explicarlos a sus electores: si éstos últimos hubieran podido confrontar costes y beneficios nunca habrían aceptado el euro. Escondiendo a los electores hemos podido actuar, poniéndoles en un punto muerto del cual no podrán salir de otra forma sino que decidiendo de hacer lo correcto, es decir de seguir hacia la total unión, fiscal y política de Europa. En resumen: “el pueblo no sabe cuál es su interés: por suerte desde la izquierda lo sabemos y lo haremos en contra de su voluntad”. O sea: sé que no sabes nadar y que si te tiro a la piscina te ahogarás, a no ser que tú no “decida libremente” de hacer lo correcto: aprender a nadar. Decisión que tomarás después de un debate leal, por el cual te habré ganado la espalda y te empujo al agua. ¡Bonita idea de democracia en un intelectual de izquierdas! Este terrible paternalismo puede parecer más propio de un democristiano, pero no debería serlo. “Bello è di un regno come che sia l’acquisto”, dice el Rey Desiderio. El católico Prodi el Adelchi lo ha leído solo hasta aquí. Siguiendo, habría visto que para el católico Manzoni la Realpolitik termina en tragedia: el fin no justifica los medios. La némesis está en la convicción de que “más Europa” solucione los problemas: un argumento cuya futilidad no puede apreciarse sin antes analizar la real naturaleza de las tensiones actuales.

La deuda pública no tiene nada que ver
Deja boquiabierta la unanimidad con la cual derecha e izquierda siguen concentrándose en la deuda pública. Que lo haga la derecha no tiene que extrañar: el contrataque ideológico a la intervención del Estado en la economía es el fulcro de la “contrarreforma” después de la caída del muro. Esto Rossanda lo tiene claro. Le recuerdo que ningún economista ha afirmado, antes del Tratado de Maastrcht, que la sostenibilidad de una unión monetaria requiera el respecto de umbrales sobre la deuda pública (el 60% de la que ella habla). El debate acerca de la “convergencia fiscal” ha nacido después de Maastricht, confirmando que dicho umbrales son insensatas. Maastricht es un manifiesto ideológico: menos Estado (ergo más mercado). Pero, ¿Por qué aquí (es decir en la izquierda) nadie pone Maastricht en entredicho? Esto Rossanda no lo percibe y no se lo pregunta. Si el problema fuera la deuda pública, desde 2008 la crisis hubiese golpeado primero la Grecia (deuda al 110% del PIB), luego Italia (106%), Belgica (89%), Francia (67%) y Alemania (66%). Los demás países de la zona Euro tenían deudas públicas inferiores. Pero la crisis ha explotado antes en Irlanda (deuda pública la 44% del PIB) y España (40%), Portugal (65%) y solo después Grecia e Italia. ¿Qué es lo que tienen en común dichos países? No la deuda pública (baja en los primeros, muy alta en los últimos), sino la inflación. Ya en 2006 la BCE avisaba que en Portugal, Irlanda, Gracia y España la inflación no estaba alineándose hacia la de los países “virtuosos”. I PIGS eran un club aparte, distinto del club del Marco (Alemania, Francia, Bélgica, etc.), y esto sí era un problema: los economistas saben hace tiempo que tasas de inflación no uniformes en una unión monetaria conducen a crisis de deuda exterior (prevalentemente privada).

Inflación y deuda exterior
Si en X los precios crecen más rápido que en sus socios, X exporta cada vez menos, e importa cada vez más, yendo hacía un déficit de balanza de pagos. La divisa de X, necesaria para adquirir los bienes de X está menos demandada y su precio baja, es decir X devlúa: de tal manera sus bienes se vuelven convenientes y el desequilibrio se alivia. Efectos iguales y contrarios se producen en los países en superávit, cuya divisa se vuelve escasa y se aprecia. Pero si X está atado a sus socios por medio de una unión monetaria, el precio de la divisa no puede restablecer el equilibrio externo, y por tanto hay 2 soluciones: o X crea deflación, o sus socios en superávit crean inflación. En la visión keynesiana los 2 mecanismos son complementarios: hay que acercarse porque superávit y déficit son las 2 caras de la misma medalla (no puedes encontrarte en superávit si nadie se encuentra en déficit). A los recortes del país en déficit tiene que acompañarse una expansión de la demanda en los países en surplus. Sin embargo la visión prevalente es asimétrica: la única inflación buena es la nula, los países en superávit son “buenos”, y son los “malos” en déficit a tener que recurrir a la deflación, convergiendo hacía los buenos ¿Y si, como los PIGS, no lo consiguen? Los ingresos por exportaciones disminuyen y se contraen deudas con el exterior para financiar las importaciones. Los países con inflación mayor son también lo que han acumulado más deuda exterior desde 1999 hasta 2007: Grecia (+78% del PIB), Portugal (+67%), Irlanda (+65%) y España (+62%), Creciendo la deuda crecen los intereses, y nos adentramos en la gran espiral: mayor endeudamiento con el exterior para pagar los intereses en el exterior, crece el spread y arranca la crisis.

El Fantasma del 1992
¿E Italia? Dice Rossanda: “nuestro endeudamiento es sobre todo hacia nosotros”. Ya no es verdad. ¿De verdad creéis que a los mercados interesa con quien se acuesta Berlusconi?¿Pensáis que se preocupan porque la deuda pública es “alta”? Pero si nuestra deuda pública está por encima del 100% desde hace 20 años y nuestro gobiernos, aunque menos folclóricos, han sido a menudo más instables. Eso no es lo que preocupa a los mercados: lo que les preocupa es que hoy, como en 1992, nuestra deuda exterior es cada vez mayor, y este aumento, al igual que en 1992, impulsado por mayores pagos de intereses sobre la deuda exterior, que es en gran parte de la deuda privada, contratada por los hogares y las empresas (65 % de los pasivos externos de Italia proceden de fuentes privadas).

¿Cui Prodest?
Empapada en la asimetría mercantilista ideológica (los "buenos" no deberían cooperar) y monetarista (inflación cero), la decisión política de privar al instrumento de cambio se convierte en un instrumento de la lucha de clases. Si se fija el tipo de cambio, la carga de la arreglar la situación se revierte en los precios de los bienes, que pueden disminuir o reduciéndose los costes (el de trabajo, ya que la materia prima está más allá de nuestro control) o incrementándose la productividad. Precariedad laboral y reducciones de los salarios están a la vuelta de la esquina. La izquierda quiere el euro, pero que no quiere a Marchionne me resulta penosa. Si no se realiza una deflación se acumula de deuda exterior, hasta la crisis, a raíz de la cual el Estado, para evitar el colapso de los bancos, asumirá las deudas contraídas por desequilibrios exteriores, convirtiéndolos en deuda pública. A la privatización de las ganancias hace acto seguido la nacionalización de las pérdidas, con la ventaja de poder culpar a posteriori los presupuestos públicos. No se puede elegir entre realizar la deflación o no, sino entre hacerlo ahora o no. Una elección restringida, pero sólo porque la cerrazón ideológica impone poner al centro de la atención el síntoma (los desequilibrios públicos, que sólo pueden corregirse por medio de recortes), en lugar de la causa (los desequilibrios exteriores, que podrían corregirse mediante la cooperación). Pregunta Rossanda "¿ha habido algún error?" La respuesta es la que se da ella misma: no, no ha habido ningún error. El objetivo que se quería lograr, es decir, la "disciplina" de los trabajadores, se ha alcanzado: no será "de izquierdas", pero si se quiere seguir llamando a un gobierno "técnico" liderado por los cristiano-demócratas, "de izquierda" allá vosotros. Dice el manual Acocella: el "cambio fuerte (del euro)" sirve a disciplinar sindicatos.

¿Más Europa?
Según la teoría económica, una unión monetaria puede aguantar sin trasladar tensiones a los salarios si los países se integran fiscalmente, ya que esto facilita la transferencia de recursos de los que están expansión a los que están en recesión. Una "solución aguas abajo”, que alivia los síntomas sin tratar la causa (los desequilibrios exteriores). Es el famoso "más Europa". Un ejemplo: se celebra este año el 150 aniversario de la unión monetaria, la política fiscal y de nuestro país. "Más Italia" hemos tenido, ¿no os parece? Pero 150 años después, la convergencia de precios entre regiones no se ha completado, y el Sur tiene una deuda exterior estructural superior al 15% de su PIB, es decir, sobrevive mediante la importación de capital del resto del mundo (pero, efectivamente, del resto de Italia). Después de cincuenta años de integración fiscal en una Italia (monetariamente) unida tenemos las “camisas verdes” en Padania: bastarían diez años de integración fiscal en la zona euro, tal vez con golpes de eurobonos, para volver a tener las “camisas pardas” en Alemania. La integración fiscal no es políticamente sostenible porque nadie quiere pagar por otros, especialmente cuando los medios de comunicación, esclavos ideológicos de la asimetría, te bombardean con el mensaje de que los demás son perezosos, improductivos, que "es su culpa". Que sean griegos, turcos o Judios, ya sabemos cómo va a acabar cuando la culpa es de los demás.

Deutschland über alles
Las soluciones "aguas abajo" de los desequilibrios exteriores son políticamente insostenibles, pero también lo son las de tipo "aguas arriba". Vivir con el euro requeriría la salida de la asimetría ideológica mercantilista. Debería haber incentivos simétricos para la vuelta al equilibrio de los que alejaron del umbral superior o inferior de un objetivo de inflación. La coordinación de la que habla Rossanda debería construirse alrededor de este objetivo. Pero el peso de los países "virtuosos" impedirá eso. Debido a que el euro es el resultado de dos procesos históricos. Rossanda ve el primero (el contraataque del capital para recuperarse del revés sufrido por el New Deal posbélico), pero el segundo: la secular lucha de Alemania para dotarse de unos mercados para dar salida a sus productos. Hay cierto deleite (en la izquierda como en la derecha) con el éxito de Alemania, la "locomotora" de Europa, que crece mediante la interceptación de la demanda de los países emergentes. ¿Pero qué dicen los datos? De 1999 a 2007, el superávit de Alemania se elevó a 239 millones de dólares, de los cuales 156 están logrados en Europa, mientras que la balanza comercial con China empeoró en 20 mil millones (de un déficit de -4 a uno de -24). Los periódicos dicen de Alemania que exporta hacia Oriente y al hacerlo nos apoya con su crecimiento. Los datos dicen lo contrario. La demanda de los países europeos, drogada por el tipo de cambio fijo, sustenta el crecimiento alemán. Y Alemania no renunciará a la asimetría por la cual está ganando peso. ¿Pero porque los gobiernos "periféricos" se han hecho engatusar por Alemania? Dice el manual de Gandolfo: la moneda única favorece una "ilusión de la política económica" que permite a los gobiernos perseguir objetivos políticamente inasumibles, arreglándosela diciendo que son impuestas por instancias de orden superior (¿cuántas veces hemos escuchado "Europa nos pide ..."?). El fin (de la lucha de clases a la inversa) justificaba los medios (el anclaje a Alemania).

La devaluación te vuelve ciego
Es una película ya vista. ¿Os acordáis del SME "creíble"? De 1987 a 1991, los tipos de cambios europeos se mantuvieron fijos. En Italia la inflación subió del 4,7% al 6,2%, con los precios del petróleo cayendo (pero ¿los cambios fijos no tenían la inflación bajo control?). Alemania viajaba en un promedio de 2%. La competitividad italiana disminuía, la deuda exterior aumentaba, y después de la recesión en Estados Unidos de 1991 Italia tuvo que devaluar. ¡Devaluación! Intentar decir esta palabra a un intelectual de izquierda. Enrojecerá enojado de virginal vergüenza. No es su culpa. Durante décadas, le bombardean con el mensaje de que la devaluación es algo feo que provoca un alivio temporal estéril y daños terribles a largo plazo. No es de extrañar que un sistema liderado por Alemania se rige por el principio de Goebbels: es suficiente con repetir una mentira para que ésta se convierta en verdad. Pero ¿qué pasó después de 1992? La inflación se redujo de medio punto en el 93 y de otro medio en el 94. La relación deuda exterior/PIB se redujo a la mitad en cinco años (desde -12 hasta -6 puntos del PIB). La factura energética mejoró (de -1,1 a -1,0 puntos). Después de un choque inicial, Italia creció a un promedio del 2% desde 1994 hasta 2001. La lección sobre el daño de la devaluación (genera inflación, reporta sólo un alivio temporal, no nos la podemos permitir porque importamos el petróleo) es falsa.

¿Irreversible?
Pero todo esto Rossanda no lo sabe. Sabe que la devaluación no sería decisiva, y los procedimientos de salida no está previstos, así que... ¿Y qué? ¿Es realmente Rossanda tan ingenua como para no ver que el argumento de la falta de procedimientos de salida es sólo un recurso retórico, cuyo propósito es consolidar en la opinión pública la idea de una irreversibilidad "natural" o "técnica" de lo que básicamente es una elección humana y política (y, como tal, reversible)? Por supuesto que la devaluación haría más onerosa la deuda definida en moneda extranjera. Pero llevaría desde una situación de la deuda exterior a una situación de superávit exterior, produciendo los recursos suficientes para pagar las deudas, como en 1992. Si no fuera así, cabría la posibilidad de impago. ¿Prodi quiere hacer pagar una parte de la cuenta a los "grandes inversores institucionales"? Bien: la forma más directa de hacerlo no es emitiendo eurobonos para "socializar" las pérdidas en beneficio de Alemania (con el peligro de una vuelta de “las camisas pardas”), sino declarar, en su caso, el default, como hicieron muchos países que no por ello se han vistos eliminados de la geografía económica. Ya ha ocurrido antes y volverá a ocurrir. "Los mercados nos castigarán, vamos a terminar aplastados". Otra idiotez. Durante décadas, Italia ha crecido sin recurrir al ahorro exterior. Es el euro, que, aplastando los ingresos y los ahorros de los hogares, obligó al país a pedir prestado del extranjero. El ahorro nacional bruto, estables en torno al 21% desde 1980 hasta 1999, ha disminuido constantemente desde entonces para llegar el 16% de los ingresos. En el mismo período, los pasivos financieros de los hogares se han duplicado, del 40% al 80%. Eliminemos el euro, e Italia necesitará menos a los mercados, mientras que los mercados seguirán necesitando los 60 millones de consumidores italianos.

No haga la izquierda lo que hace la derecha
Del euro saldremos, porque al final Alemania va a cortar la rama sobre la cual está sentada. Toca a la izquierda darse cuenta y gestionar este proceso, en lugar de acabar hecha añicos. Yo no estoy hablando de las próximas elecciones. Berlusconi se irá: diez años de euro han creado una tensión tal que la carnicería social ahora tiene que trabajar a pleno rendimiento. Y las salpicaduras de sangre se notan menos en un delantal rojo. Una vez más se le concederá a la izquierda de la Realpolitik manejar la situación, porque hay otra ilusión de la política económica, la que hace que las políticas de derechas se vean más aceptables si quien las implementa dice que ser de izquierdas. Pero los votantes están comenzando a darse cuenta de que la carnicería social se puede terminar con la salida del euro. Estimada Rossanda, los trabajadores no están "trastornados", como dice Usted: sólo están entendiendo. "El pecado y la vergüenza no permanecen ocultos", dice el espíritu malo de Gretchen. Así que, después de veinte años de Realpolitik, a navegar en aguas revueltas se encuentran los políticos de izquierda, atrapados entre la necesidad de presentar sus respetos a la Finanza, y de justificar a su electorado una elección fascista, no solo por sus consecuencias de clase, sino también por el paternalismo con el que se impuso. Se exponen a las incursiones de Marine Le Pen y similares, que están apareciendo en los países de comprobada trayectoria democrática, y pronto lo harán aquí. Porque las políticas de derechas, en el largo plazo sólo beneficiarán a la derecha. Pero me doy cuenta de que en un país donde con solo una legislatura es suficiente ganar una jubilación dorada, el largo plazo no puede ser un problema de los políticos de derechas y de izquierdas. Eso explica tanta unanimidad.



(...a few words in the European koiné. As you may see, everything was clear in 2011. Meanwhile, four countries: Spain, Greece, Portugal and Italy have been crushed by austerity policies, those policies that were the right answer to the wrong question, as I explain here, but had told as early as November 2011. This was made possible by the ideological support provided by economists funded by the banking system and the European institutions (an example here), and hence operating in a - concealed - conflict of interests. The economists that supported austerity policies are morally, and in some cases also politically, responsible for the suffering of so many human beings. They did not behave according to professional standards, because, as I have many times explained to my Italian readers, their position in the public debate was at odd with the scientific literature, including their own contributions, on the topic of monetary unions viability. Their only purpose was to defend the vested interests that provided resources to their think tanks. May God forgive them. As for us, I suggest to be extremely careful in accepting and interpreting their late conversions and analyses. What the experience shows us is that those people tell only what their allowed to tell. If they expose now the criticisms to the Eurozone that were known since the very beginning, the conclusion we must reach is that the vested interests they defend are now for tactical reasons ready to give some way, in order to keep alive the most irrational and inhuman political regime ever conceived: the European Union. My guess is that these distinguished colleagues will propose some Eurobond programme, because Germany is now afraid that without some concession, the European countries would recover their freedom. Be extremely careful in accepting such compromises. They come from a country - Germany - that is panicking, because its imperialistic and mercantilistic strategy has put it in the way of the US and China, and from elites - my "distinguished colleagues" - that have discredited themselves by lying for years, as well as by censoring the correct analyses that a few colleagues had produced at the right time...)

giovedì 26 novembre 2015

Demain la sortie de l’Euro

(…voici l'article qui m'a lancé dans le débat italien il y a quatre ans. Il n'a pas perdu d'actualité, comme vous verrez. Mes remerciements à Paul Friedrich pour sa traduction du texte de l’article. J’ai pensé bon retenir quelque faute dont je déclare ma responsabilité…)


Il y a un an (en juillet 2010, note du traducteur), je débattais avec Aristide et lui demandais comment était-il possible que la gauche italienne ait revendiqué avec tant de fierté la paternité de l’Euro : ne voyait-il pas à quel point c’était contraire aux intérêts de son électorat ? Une demande similaire à celle de Rossanda. Aristide, économiste de gauche, me répondit “Cher Alberto, les coûts de l’Euro, comme tu dis, sont connus, tous les manuels les expliquent. Nos hommes politiques les voient aussi, mais ils ne peuvent pas les expliquer à leurs électeurs : si ces derniers avaient pu comparer les coûts et les bénéfices, ils n’auraient jamais accepté l’Euro. En maintenant les électeurs dans l’ignorance, nous avons pu agir, les mettant dans une impasse dont ils ne peuvent sortir qu’en décidant de faire la chose juste, c’est-à-dire d’avancer vers l’union totale, fiscale et politique, de l’Europe.” En résumé : “le peuple ne sait pas quel est son intérêt : heureusement à gauche nous le savons et nous le ferons contre sa volonté”. Ou encore : “je sais que tu ne sais pas nager et que si je te mets dans la piscine tu vas te noyer.... à moins que tu ne “décides librement” de faire la chose juste : apprendre à nager”. Une sage décision que tu prendras après un débat loyal, fondé sur le fait que je te fonce dessus à pleine vitesse et que je te jette à l’eau. Belle conception de la démocratie pour un intellectuel de gauche ! Ce paternalisme terrifiant peut sembler plus physiologique chez un démocrate-chrétien, mais ça ne devrait pas l’être. “Il est toujours beau de régner, n’importe comme on y parvienne” dit Charlemagne dans l’Adelchi de Manzoni. Le catholique Prodi n’a pas lu la suite. S’il avait continué, il aurait vu que pour le catholique Manzoni la Realpolitik finit en tragédie : la fin ne justifie pas les moyens. Il est tragique de croire que “Plus d’Europe” puisse résoudre les problèmes : c’est un argument dont la futilité ne peut s’apprécier que si on analyse d’abord la véritable cause des tensions actuelles.

La dette publique n’y est pour rien
L’unanimité avec laquelle la gauche et la droite continuent de se concentrer sur la dette publique est consternante. Que la droite le fasse n’est pas anormal : la contre-attaque idéologique dirigée contre l’intervention de l’Etat dans l’économie est au cœur de la contre-réforme qui a suivi l’effondrement du mur de Berlin. Ceci est clair pour Rossanda. Je rappelle qu’aucun économiste n’a jamais affirmé, avant le traité de Maastricht, que la viabilité d’une union monétaire exige le respect de seuils sur la dette publique (les 60% dont Rossanda parle). Le débat sur la “convergence fiscale” est né après Maastricht. Rappelons-nous au passage que ces seuils sont insensés. Maastricht est un manifeste idéologique : moins d’Etat (donc plus de marché). Mais pourquoi donc ici (à gauche) personne n’ose ouvrir le débat sur Maastricht ? Cela, Rossanda ne l’a pas vu et ne se l’est pas demandé. Si le problème était la dette publique, en 2008 la crise aurait touché d’abord la Grèce (avec une dette publique à 110% du PIB) puis l’Italie (106%), la Belgique (89%), la France (67%) et l’Allemagne (66%). Les autres pays de l’Eurozone avaient des dettes publiques inférieures. Mais la crise a explosé d’abord en Irlande (avec une dette publique de seulement 44% du PIB), en Espagne (40%), au Portugal (65%) et seulement après en Grèce et en Italie. Qu’ont en commun ces pays ? Pas la dette publique (très faibles pour les premiers pays touchés, très élevées pour les derniers) mais l’inflation. Déjà en 2006 la BCE indiquait qu’au Portugal, en Irlande, en Grèce et en Espagne l’inflation ne convergeait pas vers celle des pays “vertueux”. Les PIGS étaient un club à part, distinct du club du mark (Allemagne, France, Belgique...) et c’est cela le vrai problème : les économistes savent depuis longtemps que des taux d’inflation différents dans une union monétaire conduisent à une crise de la dette extérieure (qui est essentiellement privée).

Inflation et dette extérieure
Si dans un pays X les prix augmentent plus vite que ceux de ses partenaires, X exporte toujours moins et importe toujours plus (car les produits de X deviennent plus chers que ceux de ses partenaires), mettant en déficit la balance des paiements. La monnaie de X, nécessaire pour acheter ses produits, est moins demandée et son prix diminue. En fait, X dévalue : dans ce cas, ces produits deviennent moins chers à l’export et son déséquilibre commercial diminue. Les mêmes effets se produisent de façon inversée dans le pays en excédent commercial : sa monnaie devient plus recherchée et elle s’apprécie. Mais si X est lié à ses partenaires dans une union monétaire, le prix de sa monnaie ne permet plus de rétablir l’équilibre de son commerce extérieur, et donc il n’y a que deux solutions : ou X se met en déflation, ou ses partenaires excédentaires augmentent l’inflation. Dans la vision keynésienne, les deux mécanismes sont complémentaires, les partenaires doivent trouver un compromis parce que l’excédent des uns et le déficit des autres sont les deux faces d’une même médaille (on ne peut pas être excédentaire si personne n’est en déficit). Aux coupes dans le pays déficitaire doit s’accompagner une expansion de la demande dans les pays en excédent. Mais la vision qui prédomine aujourd’hui est asymétrique : la seule bonne inflation est une inflation morte, c’est-à-dire à zéro, les pays en excédent sont des “bons élèves” et ce sont les “méchants” en déficit qui doivent se mettre en déflation, pour converger vers les gentils. Et que se passe-t-il si des pays, comme les PIGS, n’y arrivent pas ? Les recettes d’exportations diminuent et ils doivent s’endetter auprès de l’extérieur pour financer leurs importations. Les pays à plus forte inflation sont aussi ceux qui ont accumulé le plus de dette extérieure de 1999 à 2007 : la Grèce (+78% de points de PIB), le Portugal (+67%), l’Irlande (+65%) et l’Espagne (+62%). Avec la hausse de la dette les intérêts augmentent et on entre dans la spirale infernale : on s’endette auprès de l’extérieur pour payer les intérêts vers l’extérieur, le spread augmente et la crise se déclenche.

Le spectre de 1992
Et l’Italie ? Rossanda dit “Notre endettement est surtout interne”. Cela n’est plus vrai. Pensez-vous vraiment que les marchés s’intéressent à qui passe les nuits avec Berlusconi ? Vous pensez qu’ils s’inquiètent parce que la dette publique est “élevée” ? Mais cela fait 20 ans que notre dette publique dépasse les 100% du PIB et nos gouvernements passés, quoique moins folkloriques, ont été souvent plus instables. Ce n’est pas cela qui préoccupe les marchés : ce qui les préoccupe est qu’aujourd’hui, comme en 1992, notre endettement auprès de l’extérieur est en train d’augmenter, et que cette augmentation, comme en 1992, provient de la hausse des remboursements d’intérêts sur la dette extérieure, qui est pour l’essentiel une dette privée, contractée par les ménages et les entreprises (65% du passif extérieur de l’Italie est d’origine privée).

A qui profite le crime ?
Fondé sur l’asymétrie idéologique mercantiliste (les “bons élèves” ne doivent pas coopérer) et monétariste (inflation zéro) le choix politique de se priver de l’instrument du taux de change devient un instrument de lutte de classes. Si le taux de change est fixe, le poids de l’ajustement se transfère sur les prix des biens, qui peuvent diminuer soit en réduisant les coûts (ceux du travail puisque celui des matières premières ne dépend pas de nous) soit en augmentant la productivité. La précarité et la réduction des salaires sont au coin de la rue. La gauche qui veut l’Euro mais ne veut pas de Marchionne me fait un peu peine (note du traducteur : Sergio Marchionne, PDG de FIAT, très critiqué à l’époque par la gauche comme exemple de capitaliste prédateur). Celui qui n’entre pas en déflation accumule lde a dette extérieure, jusqu’à la crise, à la suite de laquelle, l’Etat, pour éviter l’effondrement des banques, reprend les dettes causées par les déséquilibres extérieurs et les transforment ainsi en dette publique. A la privatisation des profits suit la socialisation des pertes, avec l’avantage de pouvoir blâmer a posteriori les comptes publics. Le choix n’est donc pas d’entrer ou pas en déflation, mais plutôt d’entrer en déflation tout de suite ou plus tard. Un choix restreint, mais uniquement parce que la stupidité idéologique impose de se concentrer sur le symptôme (le déficit public, qui ne peut être corrigé qu’en taillant dans les dépenses), plutôt que sur la cause (le déséquilibre extérieur, qui pourrait être corrigé en coopérant). La réponse correcte à la demande de Rossanda “ n’y aurait-il pas eu une erreur quelque part ?” est donc celle donnée par elle-même. Non, il n’y a eu aucune erreur. Le but qu’on voulait atteindre, à savoir la “discipline” des travailleurs, a été atteint. Il ne sera pas “de gauche”, mais si vous voulez continuer à appeler “ gauche” des gouvernements “techniques” d’orientation démocrate-chrétienne, grand bien vous fasse ! Le manuel d’Acocella le dit clairement : le “taux de change fort” sert à discipliner les syndicats.

Plus d’Europe ?
Selon la théorie économique, une union monétaire peut tenir sans tension sur le chômage si les pays sont fiscalement intégrés, parce que cela facilite les transferts de ressources des pays en expansion vers ceux en récession. Une “solution” qui intervient en aval, c’est à dire qui atténue le symptôme, sans guérir la cause (les déséquilibres extérieurs). C’est le fameux “Plus d’Europe”. Un exemple : nous fêtons cette année le 150ème anniversaire de l’heureuse union monétaire, fiscale et politique de notre pays (qui a compté ses morts, comme toute union). “Plus d’Italie” nous l’avons eu, n’est-ce pas ? Mais 150 ans après, la convergence des prix entre les différentes régions n’est pas achevée et le Sud a un rapport entre endettement extérieur et PIB supérieur à 15%, c’est à dire que l’Italie du Sud survit en important des capitaux du reste du monde (en fait, surtout du reste de l’Italie). Après cinquante ans d’intégration fiscale dans l’Italie (monétairement et politiquement) unifiée, nous avons eu les chemises vertes en Italie du Nord : il suffirait de dix ans d’intégration fiscale dans la zone Euro, peut-être à coup d’Eurobonds pour avoir de nouveau les chemises brunes en Allemagne (note du traducteur : les chemises vertes sont l’uniforme des militants de la Ligue du Nord, le parti qui revendique la sécession du Nord de l’Italie). L’intégration fiscale n’est pas politiquement soutenable parce que personne ne veut payer pour les autres, surtout quand les médias, esclaves de l’asymétrie idéologique, bombardent le message que les autres sont des fainéants, peu productifs, et que c’est “de leur faute”. Qu’ils soient Grecs, Turcs, ou Juifs, nous savons comment cela va finir quand on nous dit que la faute est aux autres.

Deutschland über alles
Les solutions “en aval” des déséquilibres extérieurs sont politiquement insoutenables, mais les solutions “en amont” le sont aussi. Continuer avec l’Euro exigerait de sortir de l’asymétrie idéologique mercantiliste. Il faudrait prévoir des incitations symétriques pour revenir à la norme pour les pays qui ont dépassé par le haut ou par le bas un objectif d’inflation. La coordination dont parle Rossanda devrait être construite autour de cet objectif. Mais le poids des pays “vertueux” l’empêcherait. En effet, l’Euro est le succès de deux processus historiques. Rossanda voit le premier (la contre-attaque du capital pour récupérer le terrain perdu depuis les Trente glorieuses) mais pas le second : la lutte séculaire de l’Allemagne pour se doter d’un pré carré commercial. On s’extasie (à gauche et à droite) devant le succès de l’Allemagne, la “locomotive” de l’Europe, qui croît en captant la demande des pays émergents. Mais que disent les chiffres ? De 1999 à 2007, l’excédent commercial allemand a augmenté de 239 milliards de dollars, dont 156 réalisés en Europe, alors que le solde commercial avec la Chine s’est dégradé de 20 milliards (d’un déficit de -4 à un de -24). Les journalistes disent que l’Allemagne exporte en Orient et que c’est ainsi qu’elle soutient sa croissance. Les chiffres disent le contraire. C’est la demande des pays européens, drogués au taux de change fixe, qui soutient la croissance allemande. Et l’Allemagne ne renoncera pas à une asymétrie sur laquelle elle s’engraisse. Mais pourquoi les gouvernements “périphériques” se sont-ils fait embobiner par l’Allemagne ? Le manuel de Gandolfo le dit : la monnaie unique favorise une “illusion de politique économique” qui permet aux gouvernements de poursuivre des objectifs politiquement inacceptables, et de s’en sortir en prétendant qu’ils sont imposés par des instances supérieures (combien de fois avons-nous entendu “l’Europe nous demande de”... ?). La fin (de la lutte des classes inversée) justifie les moyens (l’ancrage à l’Allemagne).

La dévaluation rend aveugle
C’est un film déjà vu. Vous vous souvenez du SME “crédible” ? De 1987 à 1991 les taux de change des pays d’Europe sont restés fixes. En Italie l’inflation est montée de 4,7% à 6,2%, avec un prix du pétrole en chute (mais les taux de change fixes n’étaient donc pas censés dompter l’inflation ?). L’Allemagne voyageait sur une moyenne de 2%. La compétitivité italienne donc diminuait, l’endettement extérieur augmentait et après la récession américaine de 1991, l’Italie dut dévaluer. Dévaluation ! Essayez de dire ce mot à un intellectuel de gauche. Il rougira de toute sa pudeur virginale. Ce n’est pas sa faute. Pendant des décennies, on l’a bombardé avec le message que la dévaluation est comme la masturbation : une « sale chose », qui provoque un soulagement temporaire et stérile, et des dommages terribles à long terme. Il n’est pas anormal que dans un système avec un guide allemand le principe de Goebbels soit appliqué : il suffit de répéter assez un mensonge pour qu’il devienne une vérité. Mais que s’est-il passé après 1992 ? L’inflation a baissé d’un demi-point en 1993 et encore un demi-point en 1994. Le rapport dette extérieure/PIB a été divisé par deux en cinq ans (de -12 à -6 points de PIB). La facture énergétique s’est améliorée (de -1,1 à -1,0 point). Après le choc initial, l’Italie a cru à une moyenne de 2% de 1994 à 1997. La leçon sur les dommages de la dévaluation (cela génère de l’inflation, procure un soulagement seulement temporaire, on ne peut pas se le permettre quand on importe du pétrole) est fausse.

Irréversible ?
On dit que la dévaluation ne serait pas une solution et que les procédures de sortie ne sont pas prévues, donc... Donc quoi ? Qui est à ce point naïf pour ne pas voir que l’absence de procédure de sortie n’est qu’un expédient rhétorique, dont l’objectif est d’imprimer dans l’opinion publique l’idée d’une irréversibilité “naturelle” ou “technique” de ce qui est en fait choix humain et politique (et en tant que tel réversible). Bien sûr, la dévaluation rendrait plus coûteuse la dette définie en monnaie étrangère. Mais elle ferait passer d’une situation d’endettement extérieur à une situation de désendettement extérieur, offrant les ressources suffisantes pour payer les dettes, comme en 1992. Si cela ne suffisait pas, il resterait la possibilité du défaut. Prodi veut faire payer une partie de l’addition aux “grands investisseurs institutionnels” ? Bien : la façon la plus directe de le faire n’est pas d’émettre des Eurobonds qui “socialisent” les pertes au dépens de l’Allemagne (avec un risque réel de retour des chemises brunes) mais de déclarer, si c’est nécessaire, le défaut, comme l’ont déjà fait des pays qui n’ont pas été effacés de la géographie économique pour autant. C’est déjà arrivé et cela arrivera de nouveau. “Les marchés nous puniront, nous finirons écrasés !”. En voilà encore une idiotie. Pendant des décennies l’Italie a connu la croissance sans recourir au financement extérieur. C’est l’Euro qui, en écrasant les revenus et donc l’épargne des ménages, a conduit le pays à s’endetter auprès de l’étranger. L’épargne nationale brute, stable autour de 21% de 1980 à 1999, a diminué constamment depuis lors jusqu’à atteindre 16% de la richesse nationale. Dans la même période, les passifs financiers des ménages ont doublé de 40% à 80%. Remplaçons l’Euro et l’Italie aura moins besoin des marchés financiers alors que les marchés continueront à avoir besoin des 60 millions de consommateurs italiens.

Que la gauche ne fasse pas ce que fait la droite
De l’Euro nous sortirons, parce qu’à la fin l’Allemagne coupera la branche sur laquelle elle est assise. C’est à la gauche de se rendre compte de ce processus ou alors elle finira en déroute. Je ne parle pas des prochaines élections. Berlusconi s’en ira : 10 ans d’Euro ont créé des tensions telles que la boucherie sociale doit tourner à plein régime. Et les éclaboussures de sang se voient moins sur un tablier rouge. Il sera encore une fois concédé à la gauche de la Realpolitik de gérer la situation, parce qu’il existe une autre illusion de la politique économique, celle qui rend plus acceptable les politiques de droite si on les met en œuvre en disant être de gauche. Mais les électeurs commencent à deviner qu’on peut arrêter la boucherie sociale en sortant de l’Euro. Chère Rossanda, les ouvriers ne sont pas “égarés” comme tu le dis : ils sont seulement en train de comprendre. “Le péché et la honte ne restent pas cachés” dit l’esprit malin à Gretchen. Ainsi, après 20 ans de Realpolitik passés à tâtonner, les hommes politiques de gauche se retrouvent coincés entre la nécessité de dérouler le tapis rouge à la finance, et celle de justifier à leur électorat un choix fasciste, non pas tant pour ses conséquences de classe, mais pour le paternalisme avec lequel il est imposé. Ils s’exposent ainsi aux incursions des nombreuses Marine Le Pen qui font leur apparition dans les démocraties les plus accomplies, et ce sera aussi bientôt le cas chez nous. Parce que les politiques de droite, sur la longue période, avantagent seulement la droite. Mais je me rends compte que dans un pays dans lequel une législature suffit pour se faire une retraite dorée, la longue période peut ne pas être un problème pour les politiques, de droite et de gauche. Cela explique une telle unanimité de vues.







(…cet article parut le 23 aout 2011 sur « Il Manifesto », un journal de pseudo-gauche plus ou moins équivalent à Libération en France. A l’époque, la position de la soi-disante gauche italienne était formelle : on était dans une crise de dette publique due à la corruption de Berlusconi. L’euro, pour la gauche, n’y entrait pour rien : il ne pouvait être, lui, l’euro, qu’une bonne chose, car c’était la gauche qui l’avait proposé : les pères de l’Europe, les Altiero Spinelli, les Prodi, étaient de gauche, donc bons, parce que la gauche est bonne – quoi qu’elle fasse – et la droite mauvaise. Un message simple et efficace, qui n’avait qu’un défaut : il était faux, car l’euro, et la finance privée, favorisée par l’intégration financière sans contrôles, jouaient dans la crise un rôle majeur. En tant qu’intellectuel progressiste, c’est-à-dire, à ce que je croyais à l’époque, de gauche, je crus mon devoir intervenir dans le débat, en répondant à un article abominablement hypocrite que Rossana Rossanda, une icône de la gauche « de gauche », avait publié sur le Manifesto, pour souligner certains côtés du problème qui lui échappaient (à elle, comme à toute la gauche italienne) : bref, le fait que l’euro, dans sa qualité de projet de déflation des salaires, ne pouvait pas être considéré comme un régime économique « de gauche ». Une simple vérité qui était bien connue par les communistes italiens dans les années 1970 – comme je l’ai montré dans mon premier livre sur le déclin de l’euro – mais que leurs héritiers paraissaient avoir oublié.

En lisant mon article il faut se souvenir qu’à sa date (aout 2011) le gouvernement Monti était loin de paraitre (Monti aurait été fait sénateur à vie, et tout de suite après premier ministre, en novembre), Berlusconi paraissait inébranlable, l’Allemagne semblait un parangon de vertu et de santé économique, et personne ne nommait la dette privée comme source de la crise. C’est seulement en gardant cela à l’esprit que vous réussirez à comprendre pourquoi beaucoup de mes lecteurs prirent mes mots comme une gifle en pleine figure, qui les réveillait du sommeil dans lesquels la propagande les avait endormis, pour qu’ils rêvent le « rêve européen ». Les racontars de la propagande étaient rassurants : on donnait au peuple de la gauche un méchant (Berlusconi), qui avait le physique du rôle, et en plus il était du bon côté (c’est-à-dire, à droite !). Mais quelque chose clochait. Si la droite et sa corruption, sous forme de dette publique, étaient le mal, pourquoi l’Espagne ou l’Irlande se trouvaient en crise ? Mon article, comme vous l’aurez constaté, donnait une explication plus cohérente, qui n’avait qu’un défaut : obligeait ceux qui avaient aveuglement cru à l’euro à se prendre pour des idiots, et à revoir complétement leur attitude.

Ceux qui ont accepté ce défi m’ont après suivi sur ce blog, qui est devenu le premier blog d’économie en Italie, ce qui a contribué au succès de mes deux livres sur la crise, qui se sont vendu par dizaine des milliers. Ce succès est dû au simple, mais incontournable, fait que les prévisions de cet article se sont réalisées : Berlusconi a été remplacé par une suite de gouvernements techniques (les « bouchers au tablier rouge », comme je les appelais à l’époque), ces gouvernements ont failli car ils abordaient le problème du faux côté (comme je l’expliquais avant que cela ne se produise), le modèle allemand montre aujourd’hui tous ses limites (l’Allemagne a en effet presque entièrement scié la branche où elle est perché), les partis de droite ont profité des tensions sociales causées par l’euro (car, comme je le disais il y a quatre ans, l’euro est de droite, à savoir : il est contraire aux intérêt du travail, et les politiques de droite ne profitent qu’à la droite), etc.

Mon approche, tout en n'étant pas original (comme j’avais toute de suite expliqué à mes lecteurs), à l’époque paraissait hérétique, ce qui me valut maintes attaques personnelles, à la limite de la diffamation (et parfois au-delà de cette limite, ce dont les tribunaux italiens sont en train de s’occuper), avant de devenir, en mai 2013 la position officielle de la Bce (grâce à un papier de Vitor Constancio).

Il m’est pénible de remarquer, avec beaucoup d’amertume, que cette position, qui avait toujours été celle de la meilleure doctrine économique, est devenue, en septembre 2015, avec un retard qui serait ridicule s’il n’était pas tragique, et dont je me suis bien moqué sur le Fatto Quotidiano, la soi-disante « consensus view » d’un manipule d’opportunistes, qui se sont tus pendant des années, et qui maintenant commencent à émettre des petits brins de vérité, dans un essai désespéré, et voué à une faillite certaine, de sauver la mamelle à laquelle ils tètent : les institutions européennes, les mêmes qui financent leurs « think tanks ». 

Si, au lieux de m’attaquer, ces collègues avaient décidé de dénoncer tout de suite les véritables raisons de la crise, et l’absurdité des politiques d’austérité, on aurait peut-être épargné tant des souffrances et tant d’horreur à nos frères européens. C’est pour les éviter que je me suis exposé il y a quatre ans dans le débat avec cet article. Il a fallu du courage pour l’écrire, mais il ne faut pas le surévaluer : ce n’était que le courage du désespoir. Je croyais, à l’époque, que personne n’aurait écouté mon cri de douleur. Par contre, beaucoup m’ont écouté, mais pas assez pour faire basculer les équilibres politiques dans la direction du bon sens. La propagande de Bruxelles empêche une issue rationnelle de la crise, car cette issue passe par une redéfinition radicale du rôle des institutions européennes actuelles. Et alors, qu’un sang impur abreuve nos sillons ! A cela aura mené cette « Europe » qui « nous donne la paix » ...)